natura giuridica della revocazione espressa di testamento pubblico


 

Not. Lorenzo Turturici, 08.12.2001

 

Le tesi sulla natura giuridica della revoca del testamento sono contrastanti e si possono così riassumere:

 

Si sostiene che la revoca testamentaria sia ( sempre ) un atto inter vivos perché la revoca ha efficacia immediata nei confronti dell'atto  anche se esso deve assumerle con la morte dell'autore  : Gangi , Azzariti , Giampiccolo .

Con questa tesi si è schierata anche la giurisprudenza : ( CC 27 ott. 1958/3505 , G C 1959 , I . 673 , con nota di Cassisa ; FI , 1959 , I , 37 ; A. Napoli 6 agosto 1957 , ivi , 1958 , I , 1764 ) ;

 

Si reputa che sia ( sempre ) un atto morti causa .

A favore di questa tesi si invoca che la revoca , come atto di secondo grado , non possa avere natura diversa dell'atto principale che viene da essa eliminato : Talamanca , Cicu , Bianca , Capozzi  ;

 

Si sostiene che essa muti la sua natura se compiuta con testamento o con atto notarile ( Messineo ).

Personalmente preferisco quest'ultima tesi , che si può dire formalistica .

L' art. 680 c.c. prevede la revoca a mezzo di nuovo testamento ed in tal caso, se si fa per testamento  pubblico , va annotato nel repertorio degli atti di ultima volontà . Se la revoca avviene per atto ricevuto da notaio,invece, ve annotato nel repertorio degli atti tra

vivi e regolarmente registrato .

L'annotazione in uno dei due repertori dipende,naturalmente, dalla tesi cui si aderisce .

 

 

Not. Enrico Bevilacqua, 04.09.2001

 

È discusso l'inquadramento dell'atto pubblico di revoca previsto dall'art. 680 c.c.

 

Opinione A):  

è un atto mortis causa, in quanto è idoneo a determinare effetti soltanto sulla regolamentazione della successione [Cicu, Talamanca, Di Fabio, Boero (probabilmente, anche Lovato e Avanzini, i quali - in nota - suggeriscono di indicare l'ora di sottoscrizione)].

 

Se si segue l'opinione A), l'atto va annotato nel Repertorio degli atti di ultima volontà.

 

Opinione B):

è un atto inter vivos, in quanto determina un immediato effetto di eliminazione nei confronti della disposizione testamentaria revocata [Gangi, Azzariti, Giampiccolo]. A questa considerazione gli aderenti all'opinione A) replicano che, comunque, dell'eliminazione della disposizione testamentaria si avvvertiranno gli effetti solo al momento dell'apertura della successione.

 

Se si segue l'opinione B), l'atto va annotato nel Repertorio degli atti fra vivi.

 

Il panorama è complicato dalla circostanza che, nell'ambito dell'opinione B), alcuni sostengono che debbano applicarsi talune norme relative al testamento in virtù del collegamento negoziale esistente fra il precedente testamento e il successivo atto pubblico di revoca (Giordano Mondello).

 

La scelta fra l'una e l'altra opinione è importante non solo ai fini dell'applicabilità dell'art. 62 L.N., ma anche ai fini dell'applicabilità o meno di altre disposizioni: art. 51 n. 11 L.N. (indicazione dell'ora della sottoscrizione), art. 67 L.N. (ispezione e lettura degli atti, rilascio delle copie) e art. 591 c.c. (o in alternativa art. 428 c.c.) (incapacità).

 

Sulla problematica esaminata non vi è giurisprudenza.

 

 

Not. Enrico Bevilacqua, 05.09.2001

 

Delle opinioni ricordate - ritengo preferibile quella secondo la quale l'atto notarile di revoca è un negozio mortis causa, con tutte le relative conseguenze (fra le quali la necessità di annotarlo nel repertorio degli atti di ultima volontà).

 

L'atto pubblico di revoca determina effetti sulla regolamentazione della successione del de cuius, al punto da dover essere considerato un atto mortis causa.

 

Not. Piercarlo Mattea

 

L'esposizione di Bevilacqua circa l'inquadramento dell'atto di revoca mi sembra impeccabile. Tuttavia, se si ritorna alla domanda iniziale, molto pratica, del collega Santosuosso, che ha generato questo dibattito (su quale repertorio va annotato l'atto di revoca?) io risponderei comunque che l'annotazione va fatta sul repertorio atti di ultima volontà, anche se si trattasse di atto da considerare inter vivos.

 

La ragione (o quanto meno una delle ragioni) per cui esiste un separato repertorio per gli atti di ultima volontà è la tutela della riservatezza del testatore. Mi sembra sia pacifico che, vivente il testatore, nessuno abbia il diritto di sapere se esista o meno un testamento di quella persona.

 

Il repertorio atti fra vivi, soggetto fra l'altro al visto trimestrale dell'Ufficio del Registro, non mi sembra particolarmente idoneo ad assicurare tale riservatezza.

 

 

Not. Antonio Grimaldi

 

Personalmente non mi sentirei tanto sicuro a rilasciare copie di questo atto a chiunque ne faccia richiesta, cosi' come potrebbe essere se considerato atto inter vivos.

 

D'altronde un testamento puo' avere solo disposizioni negative (avendone indirettamente a contrario di positive).

 

Immaginiamo che io abbia fatto due testamenti:  nell'ordine testamento A e B.

 

Posso ora ben fare un testamento C del seguente tenore: "Revoco il mio precedente testamento B".

In questo modo e' vero che siamo in presenza di una mia disposizione negativa, ma indirettamente rido' vita al mio testamento A e al suo contenuto (che esistendo il testamento B non erano piu' validi). Se nel testamento C, anziche' dare una disposizione negativa avessi esattamente riportato il contenuto (disposizione positiva) del testamento A avrei ottenuto lo stesso identico effetto e nessuno avrebbe dubitato che si trattava di un testamento.

 

Se consideriamo testamento C, nell'una (disposizione positiva) o nell'altra versione (disposisizione negativa), dovremmo considerare testamento tale tipo di disposizione indipendentemente dal numero dei testamenti esistenti precedenti e dal numero di questi che viene revocato.

 

Anche per questo mi sentirei di rilasciare copia di tale atto solo nelle mani del testatore.

 

 

Not. P. Di Maria

 

A mio parere la revoca del testamento per atto ricevuto dal notaio ai sensi dell'art. 680 codice civile, è un atto di ultima volontà (anch'esso ad esempio revocabile) e come tale va iscritto nel relativo repertorio. Così almeno io mi comporterei.

 

Ma voglio richiamare l'attenzione dei colleghi su di un aspetto

 

La ragione per la quale il codice prevede questa forma di revoca, con atto pubblico anziché con testamento, è quella - a mio parere - di rendere possibile la revoca anche in occasione di un altro atto, e, direi, contestualmente ad un'altro atto.

Così, ad esempio, nell'ipotesi in cui il donante, nello stesso atto di donazione, decida di revocare anche il testamento fatto prima o alcune disposizioni di questo: essendo la donazione un atto ricevuto dal notaio, essendoci i testimoni e purché tale volontà sia personalmente (giammai a mezzo di procuratore) dichiarata dal donante, ben è possibile (almeno in via teorica) che senza dover fare un altro testamento o un distinto atto, il donante revochi anche il precedente testamento.

 

In questa ipotesi, ma solo in questa ipotesi, la revoca, inglobata dalla donazione, andrà con questa iscritta nel repertorio degli atti tra vivi.

 

In tutti gli altri casi, invece, la revoca andrà iscritta nel repertorio degli atti di uoltima volontà, anche se fatta nella forma dell'atto pubblico non contenente altre disposizioni testamentarie.

 

 

 

Not. Antonio Grimaldi

Ma, e se non ricordo male anche Capozzi la vedeva cosi', un atto che dica: "Revoco ogni mia precedente disposizione testamentaria" e nient'altro, contenendo una revoca di precedenti testamenti e' pur sempre un testamento in quanto in ogni caso dispone per il caso della propria morte e indirettamente opera una disposizione (cancella alcuni eredi o disposizioni e ne fa venire in vita altri o altre, quelli previsti per legge).